E’ la mano che disegna?

image_miniSiamo in via A. Mazzucato, nel laboratorio di Valentina Morea, che si chiama Art Studio. Valentina è un’illustratrice dalla buona mano che realizza illustrazioni di libri per bambini nel suo studio, il quale è fornito di ogni sorta di materiale che permette di provare tante tecniche diverse.  Siamo qui perché partecipiamo ad un corso di disegno per bambini e ragazzi e cogliamo l’occasione per fare un’intervista a Valentina.

– Mi chiamo Valentina Morea,- si presenta -ho quarantanove anni, abito a Udine ma sono nata a Padova e faccio l’illustratrice.-

– Quali scuole hai frequentato?- le chiediamo.

– Ho passato l’infanzia a Torino dove ho frequentato la scuola dell’obbligo e l’ISA (Istituto Superiore d’Arte), poi ho fatto il Master di Moda e Costume a Milano. Successivamente ho partecipato ad alcuni corsi privati d’illustrazione-spiega Valentina.

– Come hai scoperto il tuo talento?-

– Da piccola mi piaceva disgnare e i miei genitori mi regalarono i colori. La mia passione continuò e mio padre m’iscrisse all’istituto d’arte dove il mio talento migliorò-.

– Hai mai avuto difficoltà?-

– All’inizio è facile demoralizzarsi perché per ottenere dei risultati soddisfacenti bisogna esercitarsi molto. Le critiche dei miei insegnanti sono state utili perché mi hanno spinto a migliorarmi.-

– Quali sono le tue tecniche preferite?-

– In passato ho usato l’acrilico, la tempera, i pastelli e l’incisione (quest’ultima consiste nell’incidere una lastra di metallo e usarla come stampo per fare i disegni). Ora utilizzo la tecnica ad olio-.

– Da chi prendi spunto per le tue opere?-

– Da qualsiasi cosa: da un’altra illustrazione, da una fotografia, dalla natura o da un oggetto dal vivo; mi piacciono in particolare i dipinti dei pittori del Rinascimento-.

– A cosa stai lavorando ultimamente?- concludiamo.

– Sto lavorando a dei quadri per il Museo della Penna di Torino e a delle opere che esporrò in una mostra personale a giugno presso lo spazio d’arte Unicredit a Udine.-

Il corso che frequentiamo è costituito da 20 lezioni: nelle prime abbiamo provato tante tecniche copiando un oggetto o un altro disegno sotto la supervisione e il consiglio di Valentina. In queste ultime lezioni facciamo dei disegni di nostra invenzione con le nostre tecniche preferite.

Consigliamo questo corso agli amanti del disegno.

Anna Panti e Carmen Buoro, classe 1°H Manzoni

La storia di un mitragliere di coda in missione segreta

di Alberto Barbina – classe II H – Scuola media “A. Manzoni”, Udine

Ho avuto l’opportunità di intervistare il sergente Ralph (Raffaele) Cavaliere di New York, nato a Mendicino (Calabria) il 24 novembre 1925. Ralph era emigrato negli Stati Uniti d’America all’età di 3 anni; all’età di 17 anni si era arruolato volontario nell’aviazione militare americana (USAAF, United States Army Air Forces). Non appena compiuti i 18 anni fu inviato in Europa come mitragliere di coda di un bombardiere B-24 Liberator di una unità ordinaria. Poi passò ad una squadriglia speciale, l’885-esimo Bombardment  Squadron (Special) destinata a missioni segrete di rifornimento dei partigiani italiani, francesi e jugoslavi. Gli ho rivolto alcune domande:

Signor Cavaliere, quali erano i suoi sentimenti quando si è arruolato?

Ero felice che mi avessero preso nell’aviazione, che era considerata un corpo d’elite. Ero contento di andare in Italia. Alla fine dei test di selezione, sia fisica che psicologica ,mi rivolsero una domanda, ovvero che cosa ne pensavo del fatto che sarei andato a bombardare l’Italia. Risposi che non mi piaceva l’idea, ma c’era un lavoro da fare e io l’avrei fatto. Fu tutto quello che dissi. Io non ero un patriota, che moriva per difendere la propria patria; ero solo lì per volare e i n qualche maniera questa mentalità mi ha riportato a casa sano e salvo.

Ha mai avuto paura durante le missioni?

No, mai. Guardavo le formazioni in volo: erano così belle. I voli con l’885-esimo erano di notte quindi guardavo i tramonti e le stelle… la verità è che ero sì in guerra, ma ero così contento di volare che non ero preoccupato e non avevo paura.

Come si sentiva quando era costretto a stare rinchiuso per ore nella torretta di coda del suo aereo?

Non mi preoccupavo. Durante il volo c’erano così tante cose da ammirare…avrei potuto fare dei giri sul ponte dell’aereo e sgranchirmi le gambe, ma stavo bene dentro la torretta .

Emai stato coinvolto in un combattimento aereo?

Sì, una volta. Eravamo in missione per bombardare lo scalo ferroviario di Bratislava. Poiché due dei portelli dei vani bombe si erano bloccati, non potemmo sganciare le bombe. Sulla via del ritorno il nostro aereo fu lasciato indietro dalla formazione assieme ad altri quattro e fummo attaccati da quindici caccia tedeschi; credo fossero dei Messerschmitt Bf 109. Non so quanto durò, credo dieci minuti. Noi perdemmo tre aerei su cinque; loro ne persero cinque su quindici. Noi non ne abbattemmo nessuno. Ci bersagliarono anche con la contraerea, ma tornammo a casa sani e salvi.

Sarebbe ritornato in Italia dopo la guerra, se avesse potuto?

Sì, certamente, ma non ho mai potuto fare ritorno ed è stato uno dei miei più grandi rimpianti. Tutti i miei parenti erano ancora in Italia, eccetto i miei genitori.

A conclusione dell’intervista, il signor Cavaliere mi ha riferito il suo messaggio da reduce di guerra: quando lui  e quelli della sua generazione hanno combattuto, erano tempi molto diversi. Sapevano chi era il nemico, ma oggi il nemico è intorno a noi, ovunque, ma  non sappiamo chi è. Per evitare le guerre bisogna ascoltare le persone, ma oggi la maggior parte di esse agisce senza ascoltare gli altri e questo causerà molte guerre. Il signor Cavaliere dice anche di cercare di evitare i conflitti  il più possibile perché adesso sono  peggiori  di quelli che ha conosciuto  lui .Ma in un certo senso la guerra avvicina anche le persone,le rende più sensibili e solidali. Non si  può avere la pace se si è oppressi, purtroppo la pace costa sempre molte vite.